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LUIGI PASQUINI, Il pittore dei pagliai, in Il Resto del Carlino, 10 aprile 1972

 


    

Da un po'' di tempo in qua, Mario Morigi, dedica la propria attività di pittore ad una tema unico: i pagliai. La vena poetica dell'artista sembra voglia menare il can per l'aia, e invece essa intende ricordare agli immemori che è venuto il momento di mettere giudizio con la pittura, cosa eminentemente figurativa, e che bisogna, una buona volta, tornare a dipingere da cristiani.

Trovava singolare, questa, dell'eclettico pittore cesenate sistemato in vetta alla Torre di San Martino e profondamente sentita da coloro che amano le belle arti e, più dai  romagnoli che, lontani dalla loro terra, sono tormentati dalla nostalgia e vorrebbero vedere appesa alla parete di casa l'immagine di se stessi.

Dai pagliai di Morigi s'innalza l'inno al lavoro, si elevano le note della ninna-nanna del riposo e si dispiega il canto dell'amore. All'ombra dei suoi pagliai, per chi sa vederle, si aggirano le "salutifere angiolone ricciolone" di Antonio Baldini, l'indimenticabile Melafumo, "vere figlie dell'estate romagnola e di Melozzo da Forlì", e sono le belle ortolane e vendemmiatrici e pigiatrici, "disposta masserizia di borgo e campagna", che, per nostro conforto l'asfalto cittadino non ha ingoiato del tutto.

I classici pagliai, che l'industrializzazione dell'agricoltura non è ancora riuscita a trasformare nelle ignobili cataste di balle legate con la spranga, sono i 2cari amici" del poeta, che ogni cittadino affettuosamente accarezza col lucido "ferro di taglio" per ricavarne odorose ed esatte fette. Voglioso trovatore sognante, intorno ai suoi pagliai, sia che essi posino sulle aie del colle o su quelle del piano - altari del podere - sia che la neve e la luna rivesta d'argento o che il sole li ricopra d'oro, Morigi intona le laudi della vita. Nelle su liriche immagini, il pittore spesso fa posto al poeta: "Vi amo dal giorno che, nella vostra fresca ombra estiva, la chioccia dalla mantiglia giallo-morbida e brillante di acuti pigolii, diventò una fata": pathos pittorico e letterario insieme, intriso di tradizione e di modernità.

Ciò che Morigi propone rincuora ogni romagnolo ben nato e ogni uomo dabbene di fuorivia. Emblema araldico della "Romagna solatia", i suoi pagliai fanno da aurea corona alle sette città sorelle: Cesena per cantare, Forlì per ballare, Faenza per lavorare, Lugo per ascoltare, Ravenna per navigare, Rimini per fare all'amore.

L'arte di Mario Morigi ci soccorre nella difesa dei valori fondamentali della nostra razza esposti all'usura del quotidiano dissolvimento. Dobbiamo fare di tutto per conservarli perché il "dolce paese
" resti sempre con noi e noi con lui.

   

Luigi Pasquini

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