TORNA ALLE ALTRE CRITICHE

   

Sintesi della presentazione del Prof. Enzo Dall'Ara in occasione della mostra pittorica dedicata al Maestro Mario Morigi presso la Galleria L'Immagine nel marzo 2002.

 


 

...La campagna cesenate, con le sue agresti auree stagionali e con la sua silenziosa o dinamica atmosfera rurale,si affermava come musa ispiratrice di un percorso dell'anima, sollecitato dal turgore di elementi naturali ora scabri, ora dolci. Così la Romagna di Pascoli e di Spallicci si coagulava in tersie cromatiche evocative di origini antiche, semplici e, pertanto, veritiere. I brani paesaggistici si sintetizzavano, poi, in presenze tipiche della vita contadina e, in particolare, in quelle sagome di "pagliai" che tanta parte dell'arte di Morigi hanno caratterizzato ed elevato a singolare discorso espressivo...

...Accarezzati dalla luce lunare della notte o dal bagliore fresco della neve, i "pagliai" si erigevano ad entità speculari all'essenza umana o si rapprendevano nell'inquieta malinconia di una calma effimera. Quando apparivano isolati in umorali solarità della campagna, essi si scarnificavano in verticali elevazioni, i cui profili misteriosi dispiegavano solenni valenze totemiche. Ma anche le periferie industriali, nelle loro ferrigne ed incidenti sembianze geometriche, consentivano una combinazione strutturata su orizzontalità e verticalità, che induceva un discorso formale sulla solitudine di uno spazio artificiale, in cui si consumava il pondus contingente dal lavoro umano.

...Arroccato nella sua eletta "cella" pittorica, da lui chiamata "Porziuncola",egli respirava ogni informazione che provenisse dai centri dinamici e fondati dei movimenti espressivi del novecento, ma si volgeva, poi, ad un'assimilazione coerente con le pulsioni di uno spirito votato a storicizzare le emergenze fisiche ed antropiche della sua terra. Guardava fuori per dare certezza ad un valore di un dentro che non era soltanto rivelazione geografica, ma anche nicchia rispettosa del proprio sentire.

Affascinato dal fermento mistico francescano, Morigi affidava all'elaborazione iconica del grande Santo di Assisi l'empito di una creatività pittorica e scultorea che consentiva una modellazione del pensiero sulle valenze della somma spiritualità...Anche le figure, tratteggiate a disegno od elaborate con materia pittorica, rappresentavano per l'autore immagini su cui sostare per una meditazione sull'umana esistenza. Perfino le opere caricaturali scavavano più nell'essenza dispiegata dell'essere che su mete puramente informate sull'ironia o al sarcasmo. Era infatti nei ritratti e, in particolare, negli autoritratti che il pittore sondava l'inesausto desiderio di un dialogo sulla dignità dell'uomo e sulla meta del suo errare terreno. L'impressione abdicava, allora, all'espressione e i colori si tingevano del sembiante veemente ma malinconico del dramma.

Artista che ha percorso ed indirizzato, da protagonista, i solchi dell'azione creativa Cesenate dagli anni venti agli anni settanta del secolo appena concluso, Mario Morigi si presenta ora come esponente di una memoria storica meritevole di encomiabile plauso. Fiducioso nella vita, nonostante le infinite asperità, egli acquietava forse il suo rovello esistenziale e la sua ansia di conoscenza, volgendosi alle menti in approdo dell'odissea vitale con le vibranti parole di un suo canto poetico: "Sono in letizia ora/i naufraghi della grande avventura umana".

  

Prof. Enzo Dall'Ara

TORNA ALLE ALTRE CRITICHE